Oggetti affascinanti, soggetti affascinati nell’arte medievale. L’altro come soggetto e gli sguardi intrecciati nello specchio

Lunedì 27 marzo 2023 , ore 15 – Aula 13 e piattaforma Teams

Prof. Gerardo Boto Varela – Departament d’Història i Història de l’Art – Università di Girona

Discussant Francesca Dell’Acqua

L’autoritratto, elaborato per mezzo di uno specchio, è inteso come immagine della propria identità, così che lo sguardo del soggetto rappresentativo e lo sguardo dipinto sull’oggetto rappresentato sono pensati come lo stesso, confermazione l’uno dell’altro. Ma lo specchio è un oggetto e colui che vi appare è un altro, malgrado sia il proprio riflesso d’uno. Tra il XV e il XVII secoli troviamo esempi che ci permettono di iniziare a sviluppare una riflessione elementare sulla questione. Tuttavia, la questione dell’alterità è stata enunciata, forse in modo unidirezionale, come la proiezione del proprio sguardo sulle espressioni culturali (tra cui le immagini) degli altri. 

Questa struttura mentale che separa soggetto e oggetto è di origine cartesiana. Diversi autori, in una linea fenomenologica, ci invitano a considerare che questa differenza non è così netta. In realtà, quando pensiamo ed enunciamo l’alterità, apriamo la possibilità di relazionarci con gli altri e le loro espressioni culturali a partire dalla nostra soggettività. È proprio la nostra soggettività che ci permette di attribuire nuovi significati a queste opere. L’altro e le sue opere sono inevitabilmente reinterpretati a partire dai nostri presupposti, su cui basiamo una visione della realtà. 

L’arte medievale offre diversi esempi in cui i limiti tra il protagonista che pensa l’opera di un altro e il contenuto di quell’opera pensata sono sfumati, proprio a causa dell’attribuzione soggettiva di nuovi significati. La possibilità di integrare, riutilizzare o risignificare un’opera d’arte esprime la continuità – negando così la discontinuità – tra il soggetto con la sua identità, le opere degli altri e il mondo in cui questo incontro avviene. 

L’alterità è un’affermazione epifanica, perché è solo quando l’altro appare che si verifica la possibilità e il desiderio di dialogare con le opere degli altri, per dare più spessore e prestigio alle proprie.

 

Gerardo BOTO VARELA è professore associato di Arte Medievale presso l’Università di Girona, ricercatore principale del gruppo di ricerca internazionale TEMPLA, direttore scientifico della rivista Codex Aquilarensis. Revista de Arte Medieval e co-direttore della conferenza internazionale annuale Ars Mediaevalis. Le sue ricerche si concentrano sugli argomenti spaziali, pittorici e liturgici dell’architettura spagnola dal X al XIII secolo, nonché sulle tombe dinastiche e sulla cultura commemorativa nell’Iberia medievale. È membro della Societat Catalana d’Estudis Liturgics e membro del consiglio scientifico del Campus Condorcet-Campus des Arts et Humanités de la Région de Paris.

Dal regno di León alla Sicilia. Le arti ai tempi di Elvira e Ruggero II (1100-1154): presunta alterità visiva ed esotismo

Martedì 28 marzo 2023, ore 15 – Aula 13 e piattaforma Teams

José Alberto Moráis Morán – Universidad de León

Discussant Francesca Dell’Acqua

Il seminario analizza le arti patrocinate dai reali ispanici, in particolare dal re Alfonso VI (1040-1109) e dalla figlia Elvira (1103-1135), moglie del futuro re di Sicilia, Ruggero II (1095-1154), con la quale si sposò probabilmente nell’anno 1117.

Le arti prodotte in quei decenni nelle città di León e Toledo erano strettamente legate all’arte di Cordova e del resto di Al-Andalus, in un fenomeno di contatto con l’Islam paragonabile a quello documentato nell’intero bacino tirrenico, da Salerno alla Basilicata e la Calabria, da Palermo a Cefalù.

L’obiettivo principale è quello di confrontare sia gli orizzonti artistici che i rapporti tra l’arte mediterranea medievale con León e la Castiglia, durante il periodo romanico, ponendo particolare enfasi sull’uso storiografico dei concetti di arte “esotica”, l’eredità islamica dei cristiani l’arte e le arti degli “altri” e la sua validità nella ricerca recente. Tutti questi obiettivi verranno analizzati sulla base della figura della regina di Sicilia, Elvira.

 

José Alberto Moráis Morán

Dottore in Storia dell’Arte (2010), Master in Pensiero e Cultura Europea (2010), Master in Ricerca in Antropologia (2015). 

È stato professore all’Università dell’Estremadura (Spagna) (2010-2014), alla Pontificia Università Cattolica di Valparaíso (Cile) (2014-2017) ed è attualmente professore associato di arte medievale all’Università di León (Spagna).

È membro dell’Istituto di Studi Medievali dell’Università di Lisbona (Portogallo) e dell’Istituto di Studi Medievali dell’Università di León.

La sua ricerca si concentra sull’arte romanica, le sue fonti classiche e la commitenza delle arti nei secoli gotici.

La critica istituzionale rivista

Giovedì 30 marzo 2023, ore 15 – Aula 13 e piattaforma Teams

Seminario a cura di Francesco Vitale e Stefania Zuliani

In occasione della pubblicazione del volume di Stefano Taccone, La critica istituzionale. Il nome e la cosa, edizioni Ombre corte, Verona 2022-

Sarà presente l’autore.

Il seminario proporrà una riflessione sulla storia e sull’attualità dell’esperienza della “critica istituzionale”. Più che una tendenza o una scuola, l’istitutional critique si offre come  un metodo di intervento artistico e un esercizio teorico che dalla generazione dei “fondatori” (Buren, Haacke, Broodhaers, Ascher, fra gli altri) si spinge fino al presente trovando nel corso degli anni lettori attenti tra cui Hal Foster e Benjamin Buchloch. L’incontro si lega alla pubblicazione del volume di Stefano Taccone La critica istituzionale. Il nome e la cosa , originato dalla tesi di dottorato in MeM dell’autore. Lo studioso ha ricostruito con attenzione le varie e discordanti opinioni circa la critica istituzionale, le sue fasi, i suoi protagonisti, il suo oggetto, la sua valenza politica e la sua stessa identità. Il saggio, edito per Ombre Corte, è stato stampato con il contributo del Dottorato.

Stefano Taccone (1981), dottore di ricerca in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico-artistica, è attualmente docente di Storia dell’arte alle superiori. Tra le sue ultime pubblicazioni: la monografia La cooperazione dell’arte (Iod, 2020), il romanzo Sertuccio (Iod, 2020) e la silloge poetica Sciogliete le rime (Campanotto, 2023). Per Ombre Corte: La radicalità dell’avanguardia (2017) e la cura di Contro l’infelicità. L’Internazionale Situazionista e la sua attualità (2014).

Eventi passati

Il romanico non muore mai. Il medioevo dei giganti e quello dei nani

Mercoledì 25 gennaio 2023, ore 10,30 -12,30 Aula 13 DISPAC

Fulvio Cervini (Università di Firenze)

Discussant Maddalena Vaccaro (Università di Salerno)

Quante volte abbiamo sentito dire: “ma così si torna al medioevo!”, lasciando intendere che si prepara un pericoloso regresso, un nuovo oscurantismo, una rinnovata barbarie. Il medioevo è al tempo stesso altro da noi e familiare a noi, ma soprattutto un serbatoio di situazioni, personaggi, forme e modelli che dipendono in larga misura non da un a conoscenza filologica del medioevo vero, ma da stereotipi postmedievali, non di rado otto o novecenteschi. Questi falsi medioevi persistono anche nel senso comune con cui vengono rivisitati monumenti e immagini, a volte sottoposti a processi di arbitraria attualizzazione, a volte fraintesi, banalizzati, addirittura distorti. In verità quel che manchiamo spesso di chiederci è cosa si intenda per arte medievale. Si propone dunque una riflessione che parta da qualche luogo comune per approdare a punti di vista sull’arte medievale approssimati, per quanto possibile, a quelli medievali, pur nella consapevolezza della distanza che da essi ci separa. L’obiettivo è far emergere un medioevo policentrico, dalle molte anime, che tuttavia non poteva non rispettare un’eredità del passato, secondo la nota figura dei nani sulle spalle dei giganti. Ma al tempo stesso anche noi, per comprendere l’eredità medievale in tutta la sua carica espressiva, dobbiamo saper interpretare il ruolo dei nani arrampicati. 

 

Nato a Sanremo nel 1964, Fulvio Cervini  è docente ordinario  di Storia dell’arte medievale e Tutela dei Beni Culturali all’Università di Firenze.. Dal maggio 1999 all’ottobre 2005 è stato storico dell’arte direttore nella Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico del Piemonte, dove si è occupato fra l’altro di tutela territoriale delle Province di Alessandria e di Verbania, e ha ricoperto l’incarico di direttore dell’Armeria Reale in Torino (2001-2005). Dal 2002 al 2005 è stato docente a contratto di Storia comparata dell’arte dei paesi europei presso l’Università di Pisa. Ha presieduto la Consulta Universitaria Nazionale per la Storia dell’Arte nel triennio 2018-2021. Siede nel Consiglio di Amministrazione delle Gallerie degli Uffizi. Tra le sue pubblicazioni, i volumi I portali della Cattedrale di Genova e il gotico europeo (Firenze, 1993), Il Candelabro Trivulzio (Cinisello Balsamo, 2000), Liguria romanica (Milano, 2002), La pietra e la croce. Cantieri medievali tra le Alpi e il Mediterraneo (Ventimiglia, 2005), Tesi e malintesi. Piccolo dizionario ad uso dei laureandi (Pisa, 2012); La prospettiva di Brunelleschi. Quaranta buone ragioni per studiare l’arte medievale (Poggio a Caiano 2016). Ha curato recentemente le mostre Milleduecento (Matelica, 2018), Alessandria scolpita (Alessandria, 2018-19) e Federico da Montefeltro e Gubbio (Gubbio, 2022, in collaborazione con altri studiosi).

Gli scavi al grande tumulo di Verghina: tra archeologia politica e identità

Mercoledì 25 gennaio 2023, ore 14,30 Aula 12 DISPAC

Ludovico Rebaudo (Università di Udine)

Discussant Angela Pontrandolfo (Università di Salerno)

La scoperta delle tombe reali del Grande Tumulo di Vergina nel 1976-1978 è stato uno dei grandi eventi dell’archeologia novecentesca a livello globale. La tradizione di studio che ne è seguita presenta tre peculiarità: 1) una lettura ufficiale, centrata sull’identificazione della Tomba II con la sepoltura di Filippo II, che le autorità macedoni considerano definitiva e non discutibile; 2) la pubblicazione solo parziale dei materiali archeologici e dei dati di scavo; 3) alcune evidenti connessioni con la politica estera greca degli anni settanta e ottanta. La lezione consiste in un esame critico delle evidenze disponibili per una proposta di lettura complessiva, archeologica e storica, del contesto del Grande Tumulo. 

Ludovico Rebaudo, professore Associato di Archeologia Classica all’Università di Udine,  si è fromato alla Scuola Normale Superiore e ha proseguito i suoi studi in Germania (Monaco di Baviera, Heidelberg) e all’ Ecole Normale Superieure di Parigi. Negli ultimi anni si occupa prevalentemente di ceramica attica e magnogreca e della scultura greca e magnogreca (in particolare: Porticello; Riace; la Lupa capitolina; collezioni ceramiche dei Civici Musei di Trieste). In questi ambiti la sua attenzione è rivolta prima di tutto al recupero dei materiali di archivio e all’interpretazione critica dei contesti. I suoi interessi sono anche rivolti al ruolo dell’archeologia classica, in particolare della scultura antica, nella cultura dell’Otto e del Novecento e all’uso dei monumenti antichi come insegne identitarie locali e all’impiego dei monumenti e della statuaria antica in epoca fascista.